Il “Motor Learning” come tratto saliente di una scuola
Spesso si sente dire che gli americani, gli statunitensi, insegnano pallavolo seguendo i precetti del “motor learning”. Dire: “Noi ci basiamo sulle regole del motor learning” sembra quasi un sostenere di essere gli unici ad applicare principi scientifici al proprio lavoro, mentre gli altri, tutti gli altri, farebbero le cose alla carlona, utlizzando criteri esclusivamente empirici, approssimativi e di dubbio valore. Attenzione non sto dicendo che la scuola americana di pallavolo, riferendomi usando questo temine essenzialmente a McGown e Kessel, sia una scuola di scarso valore, sto solo contestando questa idea di “pallavolo scientifica”.
Va molto di moda, soprattutto dall’inizio del fenomeno Covid 19, parlare di scienza in maniera dogmatica e di Comunità Scientifica come fonte ultima a cui abbeverarsi per ottenere la sapienza universale. Non credo ci sia niente di più fuorviante nell’approcciarsi al sapere scientifico. La conoscenza scientifica si basa sul dubbio e nessuno è depositario della Verità, nemmeno la cosiddetta Comunità Scientifica. La comunità scientifica non sceglie quale sia la verità, non determina se uno scienziato dice il vero o il falso. Gli scienziati costituiscono una moltitudine di persone con idee differenti, appunto la comunità scientifica, che hanno in comune NON le verità scientifiche, le leggi universali, ma solo il metodo con cui le leggi scientifiche vengono formulate e verificate (puoi trovare in questo articolo qualche riferimento al metodo scientifico nello sport) oltre alla passione per la conoscenza. In altre parole partendo da presupposti diversi, e utilizzando procedure diverse, pur utilizzando lo stesso metodo, gli scienziati possono giungere a conclusioni diverse. Ecco perché nessuno può dire di “essere scientifico” in esclusiva: può al massimo affermare a quali scienziati, a quali ricerche si riferisce. Nel caso particolare può dichiarare quali siano principi dell’apprendimento motorio che considera più importanti e il modo nel quale questi principi vengono declinati nella pratica sportiva.
Ecco perché credo che affermare che la pallavolo americana sia “scientifica” sia una forzatura. Qualsiasi scuola, da quella americana a quella sovietica, si basa su delle conoscenze scientifiche. Si tratta solo di evidenziare quali e piuttosto di capire se, al limite, alcuni concetti scientifici, alcuni saperi, possono essere ragionevolmente messi in discussione.
La natura delle scienze molli
La scienza dell’apprendimento motorio, è una scienza umana, una cosiddetta scienza molle, che si contrappone alle scienze dure chiamate anche esatte, come la matematica, la logica e le scienze naturali (chimica e fisica). La caratteristica della scienza molle è di affidarsi ad analisi qualitative dei fenomeni piuttosto che quantitative che sono invece caratteristiche delle scienze dure. Nella tabella sotto le principali differenze tra scienze molli e scienze dure.
Scienze molli | Scienze dure |
---|---|
metodo scientifico non rigoroso | metodo scientifico rigoroso |
leggi valide solo in particolari contesti | leggi universali |
dati qualitativi | dati quantitativi |
credibilità dal consenso degli esperti (mutevole nel tempo) | legge eterna, assioma matematico |
Nei campi governati da scienze molli quindi ci si muove utilizzando dati qualitativi, cioè dati che si basano sull’interpretazione dei fatti (a volte anche molto arbitraria e controversa), non sulla misura precisa, e sulla identificazione del contesto in cui opera una certa legge (anche questa operazione molto suscettibile di fallibilità). Per questo le conoscenze così acquisite sono molto labili, precarie e non forniscono la stabile comfortevole certezza delle scienze dure. Ma questa caratteristica dall’altra parte fa sì che spesso chi opera sul campo, gli artisti di quel certo settore non di rado siano in grande anticipo rispetto agli scienziati. Perché alcune analisi fatte sulla base dell’esperienza ripetuta migliaia di volte possono, attraverso originali modi di interpretare fatti e contesti portare a nuove feconde teorie che solo in un secondo momento la scienza valida attraverso più rigorosi esperimenti scientifici. In tutti questi campi del sapere umano si può ben delineare la figura dell’esperto/scienziato. E il campo dell’apprendimento motorio e dello sport ne è un esempio evidente e ricco. Quante figure quasi mitologiche ci sono state nella storia di allenatori/guru? La grande maggioranza non aveva seguito delle ricerce scientifiche per costruire la loro teoria, il loro metodo, ma dei dati empirici organizzati in base al loro estro personale.
Scienze molli e dogmi
L’allenatore-guru è una figura fantastica, affascinante e spesso anche vincente (forse vincente anche proprio perché affascinante e sicuro di sé, per una sorta di effetto placebo dell’apprendimento, ma ne parleremo un’altra volta). Il limite della scienza molle e in qualche modo analogamente dell’allenatore guru è il dogma. Abbiamo visto che le leggi che vengono formulate nelle scienze molli sono suscettibili ai contesti. Talvolta accade che il contesto sia anche di poco differente per cui la legge non vale più. A quel punto se lo scienziato o l’allenatore guru sono vigili se ne rendono conto e sono pronti a cercare una nuova legge. Ma se l’allenatore-guru è troppo innamorato della sua legge o lo scienziato è troppo innamorato di quella verità scientifica non se ne accorgono. Per esempio un metodo di insegnamento che funziona nella cultura russa, può non funzionare nella cultura americana, una tecnica che funzionava perfettamente quando gli atleti avevano certe caratteristiche fisiche può non funzionare più quando queste caratteristiche cambiano. Quindi credere in maniera dogmatica a qualche legge, che magari porta benefici enormi in un certo contesto (luogo, periodo, fase, cultura) può portare a grandi errori se questi contesti cambiano. In altre parole l’illusione di operare nella scienza dura può portare a errori molto gravi, perché l’allenatore/guru può prendere talmente per assolute delle verità scientifiche, può essere talmente convinto della correttezza di una certa legge da non essere in grado di utilizzare al meglio le capacità empiriche, e di notare come qualche principio possa essere completamente invalidato dai fatti in un determinato contesto.
Un esempio con il CIE
La scuola americana di pallavolo secondo me è caduta in questo errore dogmatico per quanto riguarda il Contextual Interference Effect (da ora CIE, qui trovi una spiegazione e un’ampia trattazione dell’argomento) e sulla legge che da esso se ne deduce. Il principio afferma che allenarsi in maniera random (variare continuamente gli esercizi in maniera casuale, faccio l’esercizio A, poi B, poi C, poi vario anche l’ordine secondo uno schema appunto casuale ABC, ACA, BAC) produce CIE e quindi maggior apprendimento motorio rispetto ad allenarsi blocked (fare lo stesso esercizio più volte e dopo un certo numero di ripetizioni passare a un altro esercizio secondo lo schema AAA, BBB, CCC).
Chi come me ha incontrato qualche squadra americana di College in giro per l’Europa (specie negli anni 2000) avrà notato delle grandissime capacità nelle transizioni, nel muoversi in campo, nel vivere intensamente il gioco, ma di non avere corrispondenti capacità nel tocco di palla. Bagher di ricezione, tecnica di palleggio dei non palleggiatori, manualità in attacco molto rivedibili. E questo l’ho notato sia con le squadre di college contrapposte a squadre universitarie che facevano la B2 o la C, sia con squadre di High School contrapposte a squadre giovanili. Sembrava proprio che nel loro lavoro mancasse la ripetizione, il classico lavoro “blocked”. Cioè sembrava che l’eccesso di variabilità (per una disamina della variabilità vista da un punto di vista cognitivo puoi leggere questo articolo in cui si parla della Challenge Point Hypothesis) abbia in qualche modo impedito a quella generazione di acquisire padronanza senso-motoria delle tecniche base.
La mia ipotesi è che la tendenza della scuola americana ad “essere scientifica”, abbia portato ad intendere la legge del CIE in modo dogmatico, commettendo 2 errori tipici del dogmatismo:
- L’idea di legge eterna. Quando si pensa che un principio valga come un assioma matematico si tende a pensarlo come eterno e non ci si preoccupa nemmeno di verificare se altri studi successivi lo hanno confutato. Per esempio nel caso del CIE numerosi studi negli anni successivi al 1989 e alla prima ricerca di Shea e Morgan hanno dimostrato che il fenomeno si verifica solo in contesti molto particolari (molto più in laboratorio che sui campi reali di gara)
- l’idea di legge universale. Quando ci si dimentica o non ci si preoccupa affatto delle diversità dei contesti si tende ad utilizzare questa legge anche in contesti del tutto inappropriati. Sempre nel nostro esempio allenare in maniera random può essere molto funzionale per migliorare abilità di transizione nel gioco (più facili dal punto di vista senso-motorio) ma non capacità di tocco del pallone (che richiede molte ripetizioni e semmai variabilità all’interno del gesto).
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